di Mike Sergeant
Storie umane che collegano leader umani ad un pubblico umano

Quando si parla di strategia comunicativa, il termine PR sembra essere sempre un punto cruciale. Comunicare in maniera efficace con il proprio pubblico può essere un fattore che determina il successo, o il fallimento, della nostra strategia. Ma cosa significa esattamente comunicare con il pubblico? Non basta sbandierare l’ultimo prodotto o promozione. Non si tratta semplicemente di pubblicare informazioni. Dobbiamo creare un rapporto con il nostro pubblico.
Secoli fa, l’uomo ha scoperto che il modo più efficace per comunicare con altri esseri umani è attraverso le storie. Una buona storia è in grado di catturare la nostra attenzione e di creare un rapporto duraturo.
Con le nuove tecnologie, in particolar modo l’intelligenza artificiale, il nostro modo di comunicare sta cambiando. I tempi di pubblicazione delle informazioni sono pressoché immediati e in pochi secondi un post, un video o un’immagine possono fare il giro del mondo.
Se vogliamo continuare a comunicare in modo efficace, dobbiamo ricordarci di cosa voglia dire raccontare storie. Dobbiamo cercare di non perdere l’elemento umano, quello che da sempre ci lega ai racconti e ci permette di creare rapporti solidi e duraturi.
Come trovare la tua storia (I princìpi)
Trovare una storia da raccontare non è semplice. Se guardiamo al nostro lavoro, spesso non vediamo altro che numeri e statistiche. Ma c’è sempre una storia umana da raccontare. Per trovarla, è bene tenere in mente i punti cruciali di una buona strategia di PR:
1. Obiettivo – Sapere cosa vogliamo ottenere, e perché.
2. Pubblico – Sapere chi è il nostro pubblico e cosa vogliamo che pensi.
3. Storia – Creare una storia coinvolgente e che riesca a cambiare il loro atteggiamento.
4. Tattica – Scegliere come diffondere la nostra storia (social media, conferenze, podcast…).
5. Misura – Valutare l’impatto della nostra storia rispetto al nostro obiettivo iniziale.

Per rendere più efficace la nostra comunicazione, possiamo utilizzare sette principi:
Belief (Fede)
La domanda più utile che possiamo farci in ambito di business è “In che cosa credo?”. Dobbiamo trovare qualcosa in cui credere, qualcosa che per noi è importante. Non i soldi, non gli interessi degli azionisti. Qualcosa in cui crediamo noi, che ci rende umani.
Partendo da quello in cui crediamo, dobbiamo costruire la nostra comunicazione. Deve avere un senso per noi, dev’essere la nostra passione. Senza passione, non ci sarà autenticità al nostro messaggio, e non esistono formule o trucchetti per ovviare a questa mancanza.
Assieme alla passione serve la costanza. Dobbiamo essere perennemente presenti, continuare ad essere lì, in prima fila. Dobbiamo far capire al nostro pubblico che siamo lì per loro, sempre.
Questo ci aiuterà a capire, ed esprimere, il perché di ciò che facciamo.
Clarity (Chiarezza)
A volte ci troviamo a dover comunicare messaggi complessi, col rischio di perderci strada facendo. Dobbiamo avere una visione chiara del messaggio che vogliamo trasmettere. Il concetto di chiarezza è simile a quello di semplicità, ma non dobbiamo confonderli: la semplicità rischia di togliere potere alla nostra comunicazione, la chiarezza invece lo mette a fuoco, rimuovendo ciò che è superfluo.
Un ottimo modo per raggiungere questo obiettivo è concentrare tutta la nostra attenzione su una cosa in particolare, evitando il “multitasking”.
Chi si occupa di comunicazione spesso utilizza la “regola del 3”, ovvero tre punti da inserire su una slide, o nel titolo di un comunicato. Ma è molto più efficace scegliere solo una cosa da comunicare e concentrarsi su di essa.
Uno degli errori più comuni nella comunicazione è quello di essere o troppo generici, oppure troppo specifici. La miglior comunicazione ha un’andatura altalenante, che alterna momenti di “macro” con momenti di “micro”, in modo da dare al pubblico momenti di respiro e di concentrazione. Le storie umane sono tanto importanti quanto le grandi idee.
Opinion (Opinione)
I numeri e le statistiche, per quanto utili e rilevanti, non creano una storia. Se vogliamo comunicare in maniera efficace, dobbiamo trasmettere un’opinione, comunicare un punto di vista.
Non basta presentare una lista di dati, obiettivi e risultati, dobbiamo trovare il filo che li accomuna, la storia che essi raccontano. Dobbiamo tessere una storia con la quale catturare chi ci ascolta.
Ci sono diverse tematiche su cui possiamo esprimerci, alcune più adatte, altre da evitare. Se vogliamo poter esprimere un’opinione senza alienare il nostro pubblico, possiamo concentrarci su tendenze di mercato, consumer trends, tecnologia.
Le opinioni che esprimono i leader vanno a formare la “visione” del futuro che un’organizzazione trasmette, e quindi influiscono tantissimo sulla percezione pubblica. Quando un dirigente rilascia un’intervista, o partecipa ad una conferenza, sono sempre le opinioni quelle che vengono citate e discusse.
È importante quindi ricordarsi che, per i dirigenti, l’opinione personale coincide con quella dell’azienda, anche se l’intento non è quello. E non basta specificare “Questa è solo la mia opinione personale”, il mondo non vedrà distinzione.
Energy (Energia)
Un buon comunicatore deve avere energia ed entusiasmo. Nel mondo frenetico del business, sono proprio i personaggi con più energia e carisma che attirano l’attenzione del pubblico. Oltre ad attingere alle nostre riserve di energia personale e trovare modi di aumentare il nostro carico energetico, dobbiamo circondarci di persone che siano in grado di condividere la nostra forza.
Questo è tutt’altro che facile e richiede uno sforzo continuo. Non possiamo usare il successo di eventi passati, l’unica cosa che importa è l’energia che investiamo oggi.
Ogni storia può essere affrontata con due atteggiamenti: positivo o negativo. L’essere umano ha sviluppato, nel corso della propria evoluzione, una tendenza a rispondere ai messaggi negativi (i pericoli che i nostri antenati affrontavano in natura). Questo può portarci a virare verso il lato negativo della comunicazione, in quanto viene notata più facilmente. Ma non perdiamo di vista l’obiettivo a lungo termine, ovvero quello di creare un rapporto duraturo. Per fare ciò, è fondamentale restare sulla strada della comunicazione “positiva”.
Context (Contesto)
Ogni buona storia si basa sul “viaggio” di uno o più personaggi centrali. Ma per quanto possano essere interessanti, non possiamo capire il messaggio centrale senza guardare il contesto. La storia che stiamo raccontando non riguarda soltanto noi, la nostra azienda e i nostri clienti. C’è un mercato, un mondo di tecnologie, di culture, di movimenti politici. Il contesto è il nostro collegamento con il resto del mondo, senza il quale rischiamo di chiuderci in una “bolla”.
Una tecnica che possiamo usare è quella di immaginare una serie di cerchi concentrici:
• Cerchio interno: siamo noi e il nostro business. La quotidianità delle nostre operazioni e dei nostri prodotti.
• Secondo cerchio: dove troviamo i nostri competitor diretti. Coloro con cui siamo in competizione per l’attenzione dei nostri clienti. In che modo siamo diversi?
• Terzo cerchio: è il nostro mercato. Qui vediamo svilupparsi le tendenze, vediamo avverarsi le predizioni. Dobbiamo pensare a come il mercato cambia intorno a noi e come noi possiamo cambiarlo. Dobbiamo conoscerlo a fondo.
• Cerchio esterno: il resto del mondo. Qui entrano in gioco tecnologia, politica, cultura, diritti. Ogni elemento che crea il contesto generale (globale) del nostro business.
Quando raccontiamo la nostra storia, partire dal cerchio più esterno farà in modo che il nostro pubblico trovi un punto d’accesso alla nostra storia e ci darà un punto di visibilità nel mondo.
Una volta creato questo contatto, dobbiamo ricordarci che, al centro di qualsiasi business di successo, c’è il cliente. È importante ricordarci di improntare tutta la nostra comunicazione attorno al cliente, ai suoi desideri e bisogni.
È importante trovare gli alleati e i partner giusti. È estremamente difficile per un singolo individuo o una singola azienda riuscire a comunicare bene. Se riusciamo a trovare alleati che condividano parte del nostro percorso, saremo in grado di amplificare la potenza del nostro messaggio.
Time (Tempo)
Ogni storia che raccontiamo ha inizio nel passato. Il nostro pubblico vuole sapere dov’è iniziato il nostro cammino, quali sono gli eventi che ci hanno portato dove siamo ora. Spesso giudichiamo coloro che abbiamo di fronte in base al loro cammino, riusciamo a relazionarci con le loro esperienze di vita. Saper raccontare le proprie radici, i propri fallimenti e gli ostacoli incontrati è un’ottima strategia per catturare chi ci ascolta, per renderci “umani” ai loro occhi.
Come leader, il nostro compito è guidare un’organizzazione nel presente. Dobbiamo riuscire ad analizzare quello che ci succede intorno, a far capire al nostro pubblico che siamo qui, che siamo presenti. Il nostro focus e le nostre energie devono essere concentrati su questo momento, su oggi.
Infine, un buon leader deve avere una visione del futuro e riuscire a comunicarla è una parte fondamentale di qualsiasi strategia di PR. Lo sguardo che diamo al futuro costituisce le fondamenta su cui il nostro pubblico stabilisce la fiducia in noi. Il futuro è un momento fondato sulle emozioni, sulla speranza di successo, sulla paura dell’ignoto e sulla fiducia in chi ci guida.
Humility (Umiltà)
Essere carismatici è importante, così come lo è la conoscenza del proprio prodotto, della propria azienda, del proprio mercato. Ma altrettanto importante è l’umiltà di conoscere ciò che non si conosce. Ognuno di noi ha dei punti deboli, degli errori commessi in passato, dei fallimenti. Fingere che non sia così ci toglie credibilità. Dobbiamo accettare anche questi aspetti di chi siamo, e usarli a nostro favore. L’umiltà ci permette di metterci sullo stesso piano del nostro pubblico, ci permette di guadagnare rispetto e fiducia.
Raccontare una storia significa parlare di sé, ma non esclusivamente. Ricordiamoci sempre che stiamo raccontando una storia non solo a qualcuno, ma per qualcuno. In che modo i nostri desideri possono sintonizzarsi con i loro? In che modo la nostra storia può essere, anche in parte, la loro?
Avere una storia da raccontare non significa parlare incessantemente per un periodo di tempo. Significa interagire con chi ci ascolta, significa ascoltare chi abbiamo davanti. Spesso, fermarsi ad ascoltare è tanto importante quanto saper parlare.
Imagery (Immagini)
Le parole che usiamo per raccontare la nostra storia devono riuscire ad evocare immagini nelle menti del nostro pubblico. Cerchiamo di immaginare la nostra storia come una serie di immagini e trasmettiamo al nostro pubblico quelle immagini. Possiamo usare metafore e similitudini per rendere più comprensibili dei concetti difficili, percentuali e statistiche per rendere più tangibili dei numeri lontani dalla realtà quotidiana.
Se vogliamo che la nostra storia abbia un impatto duraturo, possiamo creare dei momenti, dei punti precisi nella nostra narrazione che evochino determinate immagini e determinate emozioni. A lungo andare, il resto della storia andrà a sfocarsi, e ciò che resta saranno proprio questi momenti “forti”.
Come raccontare la tua storia (Le tecniche)

I concetti di cui abbiamo parlato finora sono delle ottime basi teoriche per la nostra comunicazione. Vediamo ora qualche consiglio più “pratico” da poter utilizzare.
Speeches (Discorsi)
Quando stiamo facendo un discorso in pubblico, siamo la star. In quel momento, i riflettori sono puntati su di noi. Un buon discorso deve essere personale, deve riflettere chi siamo. Usiamo noi stessi come punto di partenza. Dopodiché, scegliamo un tema centrale, un argomento attorno al quale costruire la nostra presentazione. Dobbiamo avere un’idea da trasmettere, qualcosa che il nostro pubblico possa cogliere, con cui possa essere o meno d’accordo, che possa generare una discussione e un confronto.
I punti principali di qualsiasi discorso sono senza dubbio l’inizio e la fine. La parte centrale è spesso quella che il nostro pubblico dimentica prima.
Possiamo usare una domanda, o una battuta per aprire, in modo da catturare fin da subito l’attenzione dell’ascoltatore. In fase di chiusura, cerchiamo di ritornare al punto di partenza.
Ricordiamoci che il nostro discorso è fatto per chi abbiamo di fronte. Cerchiamo di scoprire in anticipo chi avremo davanti, creiamo una presentazione che sia adatta a loro. La stessa presentazione, di fronte a due pubblici diversi, potrebbe assumere due forme completamente differenti.
Performance (Prestazione)
Un discorso pubblico è, a tutti gli effetti, un’esibizione, una performance. Se prendessimo la nostra presentazione e chiedessimo a qualcun altro di farla al posto nostro, il risultato sarebbe profondamente diverso. La nostra voce, il nostro ritmo, il nostro linguaggio corporeo: questi sono gli elementi che plasmano il prodotto finale. Certo, il messaggio centrale potrà essere ben definito, ma siamo noi che determiniamo come viene trasmesso.
Nel mondo del business, non sono molti coloro che si preoccupano di curare questi particolari. Per essere dei buoni public speaker, dobbiamo avere una buona presenza sul palco. Possiamo fare degli esercizi fisici per rinforzare la parte centrale del corpo, in particolare gambe e addome. Questo inoltre ci aiuterà a trovare una voce più stabile, più profonda, e quindi più potente.
Se decidiamo di incorporare elementi visivi nella nostra presentazione, come delle slides, o degli oggetti scenografici, è importante ricordarsi che questi non sono la presentazione. Devono essere funzionali a quello che vogliamo trasmettere, ma non possono essere la colonna portante. Cerchiamo quindi di limitarne l’uso e di incorporarli solo dove servono davvero a rafforzare il messaggio.
Anche coloro che passano la vita a parlare in pubblico sanno che i nervi possono prendere il sopravvento in qualsiasi istante. Memorizzare il nostro discorso può essere utile, ma nel momento in cui il nervoso si fa sentire, la mente si svuota. È quindi fondamentale fare delle prove generali, rivedere i punti della nostra presentazione che magari risultano poco fluidi, prepararsi a difficoltà tecniche, a domande (se previste), interruzioni e qualsiasi altro imprevisto. Diversi leader partecipano a classi di improvvisazione comica, che possono insegnarci a pensare su due piedi, e non farci mai cogliere impreparati.
Media (Media)
Senza media, non ci sarebbe comunicazione. Viviamo oggi in un mondo in cui i media sono ovunque. Grazie alle nuove tecnologie, chiunque ha accesso immediato ad un mondo di contenuti e non è più necessario affidarsi ad un promotore o un’agenzia per pubblicare qualcosa. Questo significa che chiunque è libero di affacciarsi sul mercato, ma anche che c’è una tale saturazione dei contenuti, che rischiamo che il nostro messaggio si perda nel vortice di informazioni.
È quindi importante mantenere un buon rapporto con “big” dei media. Internet ha sicuramente cambiato gli equilibri, ma il ruolo dei giornalisti e delle testate non è stato cancellato. Dobbiamo ancora guadagnarci il posto sulle testate, quindi mantenere dei buoni rapporti con la stampa è ancora importantissimo.
La nostra immagine pubblica non è data solo da ciò che pubblichiamo noi stessi, ma da tutto ciò che altri pubblicano su di noi. Cerchiamo di valutare preventivamente l’impatto di ciò che diciamo, ad esempio, durante un’intervista.
Danger (Pericolo)
A proposito di media e giornalisti, è importante ricordarsi che anche ciò che discutiamo “a microfoni spenti” o “dietro le quinte” fa parte della nostra comunicazione. Anche se per noi è chiara la differenza tra una cosa detta ufficialmente e un commento fatto scherzosamente i media, quasi sicuramente, troveranno un modo per sfruttare ciò che diciamo.
Per questo, è importante stabilire quali siano i confini di ciò che vogliamo discutere. Durante un’intervista, il giornalista spesso cerca di capire le nostre incertezze e vulnerabilità e di spingerci al di fuori della nostra “comfort zone” per carpire qualche informazione delicata. Dobbiamo imparare ad affrontare domande scomode, senza farci mettere all’angolo.
Ci capiterà di dover affrontare momenti di crisi. Momenti in cui saremo noi la faccia dell’organizzazione. Non dimentichiamoci della nostra umanità, che ci permette di comunicare con il pubblico. Riconosciamo la situazione, e rassicuriamo chi ci ascolta che quella è la nostra priorità e che stiamo facendo tutto ciò che è in nostro potere per risolverla nel miglior modo possibile.
Content (Contenuti)
Inevitabilmente, nel mondo dei contenuti digitali, la nostra comunicazione dovrà avvenire online. I contenuti multimediali sono il modo più efficace per raggiungere il nostro pubblico.
Filmare i nostri interventi pubblici è un ottimo modo per riproporre e divulgare il nostro messaggio, ma una ripresa statica da cellulare, o da una telecamera fissa a bordo palco, non darà l’effetto desiderato, rischiando anzi di creare una sorta di “barriera”. È quindi importante studiare le tecniche di comunicazione video, quali inquadrature, illuminazione, montaggio. Se non è una cosa di cui possiamo occuparci personalmente, questo è senza dubbio uno degli aspetti su cui conviene investire, fin da subito.
Un altro canale molto seguito è quello dei podcast. Possiamo creare un appuntamento fisso per chi ci vuole seguire, in cui discutere nuove idee, tendenze, o qualsiasi argomento che sia rilevante alla nostra strategia comunicativa. Come per il video, così anche l’audio è un elemento da curare. Registrare un podcast con il microfono del cellulare è sicuramente possibile, ma se vogliamo dare un aspetto serio e professionale, possiamo investire nell’acquisto di un microfono, e trovare un ambiente con delle qualità acustiche adatte alla registrazione.
Instagram, e i social media in genere, sono dei medium visivi. Le nostre foto quindi dovranno essere estremamente ben studiate per catturare il pubblico.
Non dimentichiamoci, infine, che la comunicazione deve sempre essere funzionale alla nostra storia. Partiamo sempre dalla storia che vogliamo raccontare e costruiamo il resto attorno ad essa. Usiamo i social media per trasmettere il messaggio, ma ricordiamoci di interagire con il nostro pubblico. Pubblicare foto e video servirà a poco, se non interagiamo con chi si prende il tempo di mandarci commenti, domande e suggerimenti (e anche critiche, quando sono costruttive).
Words (Parole)
Le parole sono l’unità base con cui costruiamo le nostre storie. Teniamo sempre a mente le 5 W della narrativa: who (chi), what (cosa), where (dove), when (quando) e why (perché). Questi elementi devono sempre essere chiari, anche se non li dichiariamo esplicitamente.
Raramente potremo dire che la prima stesura di un testo è perfetta. Qualsiasi scrittore sa che la prima stesura è una “bozza” da rivedere. Durante la revisione, rivediamo il linguaggio che abbiamo usato, rimuoviamo ripetizioni, termini ambigui o troppo lunghi e passaggi poco chiari.
Soprattutto, ricordiamoci che il messaggio che vogliamo trasmettere potrà raggiungere il nostro pubblico solo se lo trasmettiamo con passione. Se mettiamo amore in quello che vogliamo comunicare, la nostra storia troverà il suo pubblico.
Dov’è la storia?
Non possiamo considerare la comunicazione come una serie di metriche e statistiche. Pensiamo alla storia, pensiamo a cosa possiamo raccontare al nostro pubblico per portarlo da un punto ad un altro. Come possiamo creare una storia che sia importante per chi ci ascolta?
Racconta una storia potente. Fatta da umani. Per umani.